Prologo

Circola da un po’ tempo una storiella, ripresa diversi anni fa dallo scrittore americano David Foster Wallace. La storiella narra di due giovani pesci che nuotano sereni e spensierati. A un certo punto incontrano un pesce più anziano proveniente dalla direzione opposta. Questo fa un cenno di saluto e dice: «Salve ragazzi! Com’è l’acqua oggi?». I due giovani pesci proseguono per un po’ finché, arrestandosi di colpo, uno guarda l’altro e stupito si domanda: «Acqua? Che cos’è l’acqua?».

La morale è prevedibile, ma non banale. Talvolta non ci si rende conto delle cose più ovvie. Si dà per scontato ciò che ci sta intorno, a patto di esserne coscienti. Molti aspetti del vivere quotidiano, proprio perché presenti da sempre sullo sfondo dell’esistenza, ci sono sconosciuti, diventano pressoché invisibili. Eppure, il contesto che fa da sfondo a ogni esperienza umana agisce silenziosamente sul determinarsi di quel­l’espe­rienza. Il punto è che non ne siamo pienamente consapevoli. L’acqua è tanta e ci siamo dentro da un bel po’ di tempo. Anche Einstein ebbe a dire un giorno: «Che ne sa un pesce dell’acqua in cui nuota per tutta la vita?».

È con questo interrogativo che la vicenda intellettuale descritta in questo libro si può dire abbia avuto inizio. Se l’acqua, in fondo, è il medium in cui nuotano i due giovani pesci, cosa ne sappiamo noi dei media in cui conduciamo le nostre esistenze? La domanda è retorica e nasconde una premessa. La sfera dei media che ci circonda è per molti versi imper­cettibile, perché scontata; così come impercettibile e scontata è l’acqua per i due giovani pesci. Se vogliamo conoscere qualcosa di più di questa impercettibile presenza, è necessario iniziare a sviluppare una coscienza nuova nel modo di pensare i media attorno a noi. Non si tratta banalmente di imparare a conoscerli o usarli, bensì a convivere con essi e ad abitare al loro interno. Piuttosto che considerare i media dei meri strumenti, da usare bene o male, è necessario pensarli per quello che realmente sono, degli ambienti; gli ambienti all’interno dei quali conduciamo le nostre esistenze; gli ambienti in cui si formano le nostre esperienze.

Quasi tutto ciò che pensiamo e sentiamo accade infatti all’interno dell’ambiente dei media. L’esperienza della quotidianità ha luogo in essi. Che lo si voglia o no, che ne siamo consapevoli o meno, agiamo e viviamo all’interno dei media; essi costituiscono il nostro ambiente. Ciò non significa che la nostra vita è determinata dai media, piuttosto con essi costantemente interagisce e si trasforma, in un processo di reciproca influenza. I media sono in sostanza il nostro habitat, la forma concreta di quella rete invisibile e complessa che è l’ecosistema umano. Pensare i media in questi termini significa accettare l’idea che esista un’ecologia dei media con cui abbiamo quotidianamente a che fare.
Negli anni Sessanta, il canadese Marshall McLuhan, tra i precursori del­la tradizione di pensiero raccontata attraverso le pagine di questo libro, ebbe anch’egli a dire la sua sulla storiella dei pesci e dell’acqua, aggiun­gendo un pizzico di provocazione in più: «Un pesce non sa che cos’è l’acqua finché non scopre l’aria». Ebbene, l’ecologia dei media intende proprio condurre a questo tipo di scoperta. Una scoperta mai acquisita una volta per tutte, bensì in continuo divenire; che assume perciò la forma di un’esplorazione consapevole dei tratti più profondi della cultura umana.

Adottare l’approccio ecologico allo studio dei media, ovvero pensare i media in quanto ambienti mi auguro possa rappresentare per chi si accinge a leggere questo testo – studenti, studiosi, o semplici appassionati – l’avvio di una nuova esplorazione condotta con la consapevolezza di far parte di un più ampio sistema – umano, culturale, sociale, naturale – sempre aperto, di­namico, complesso e perciò oltremodo affascinante e stimolante. L’eco­lo­gia dei media intende infatti promuovere questo tipo di coscienza sistemica che sta alla base dell’approccio ecologico.

Vivere nei media con questa consapevolezza significa riconoscere il gioco delle parti con cui siamo chiamati a fare i conti. Sia chiaro, le regole del gioco le stabilisce l’uomo in virtù di quel continuo processo di trasformazione sociale e culturale che è connaturato all’esistenza umana. E questo testo, nel tentativo di presentare gli autori, le idee e i concetti chiave dell’ecologia dei media, costituisce in fondo solo un ulteriore passo per comprendere tali regole. Ma una volta iniziata questa partita, non si può far altro che giocare, con i media, nei media.